Le situazioni di “crisi” dei Fondi Comuni di Investimento (immobiliare) e le conseguenze della scadenza del “Fondo”
1. Premessa.
I profili problematici che investono “la proprietà” nel contesto della disci-
plina dei Fondi Comuni di Investimento (FCI)1 derivano principalmente – come si vedrà – dalla dissociazione comunque realizzata tra “titolarità” del
diritto (oltretutto, come vedremo, di incerta attribuzione) e “disponibilità” dello
stesso (integralmente attribuita ad un soggetto – la Società di Gestione del
Risparmio: SGR – che gestisce il Fondo), che: (i) o non ne è il “titolare”;
ovvero (ii) ne è il titolare per c.d. solo “formale”, in quanto radicalmente
escluso dalla conseguibilità tanto dei proventi della gestione, quanto del ri-
sultato finale della stessa.
Il problema si pone diversamente per i “patrimoni separati” del diritto co-
mune (cfr. art. 2447-bis, lett. a), c.c.). La titolarità di tali patrimoni è indubbia-
mente attribuibile alle società per azioni che li abbiano costituiti: ma la rispon-
denza degli stessi nei confronti dei creditori, legittimati a considerarli respon-
sabili del soddisfacimento delle loro pretese, pare atteggiarsi in termini di-
versi da quelli conosciuti dal diritto comune – ivi compreso l’atteggiarsi della
responsabilità del patrimonio (separato) della società rispetto alle pretese dei
suoi creditori -.
Le problematiche originate dalla innovatività dei due istituti sono affrontate
in modo più (per i FCI) o meno (per i patrimoni destinati) soddisfacente con
riguardo alle attività necessarie per la loro costituzione, e per la successiva
gestione dei rapporti e delle attività che ne costituiscano l’oggetto.
Risulta invece carente (per i FCI) o sostanzialmente mancante (per i pa-
trimoni destinati) una disciplina degli effetti:
(i) delle situazioni di “crisi” (per come verranno in appresso specificate); e
(ii) della scadenza del regime giuridico speciale che investe i beni ed i
diritti che ne sono oggetto.
Poiché il primo fenomeno (la “crisi”). … non è infrequente; e poiché il se-
condo fenomeno è inevitabile; può risultare di qualche interesse ricercare
una risposta ai quesiti originati dalla denunciata carenza (o mancanza) di
disciplina.
A tale tentativo sono dedicate le pagine che seguono, che dedicheranno
speciale attenzione all’istituto del Fondo Comune di Investimento, con ri-
serva di ritornare in una successiva occasione sull’istituto del patrimonio de-
stinato.
2. “Crisi” e scadenza del Fondo (e del patrimonio destinato).
I profili problematici ai quali si è fatto cenno emergono (ovvero sono
emersi nella relativamente ridotta esperienza formatasi dalla loro istituzione)
con particolare intensità con riguardo a due distinte fattispecie: (i) le situazioni di “crisi” dei Fondi (intendendo per tali sia quelle prospettate dalla
condizione di “incapienza” del Fondo per l’insufficienza delle attività a fron-
teggiare le passività maturate; sia quelle connesse alla perdita della “conti-
nuità aziendale” delle attività esercitate dai – ovvero esercitate attraverso i –
Fondi stessi); e (ii) e la scadenza del termine (originario o prorogato) loro
assegnato al momento della costituzione.
Nello stesso modo, anche le situazioni di “crisi” dei patrimoni destinati,
costituiti ai sensi dell’art. 2447-bis lett. a), c.c., propongono interrogativi di
non facile soluzione: e la stessa scadenza del termine, che fosse stato ap-
posto alla costituzione di un patrimonio separato, produce effetti di non sem-
plice individuazione.
Occorre ancora segnalare che i due fenomeni presi in considerazione si
differenziano – inter alia – anche per i caratteri di eventualità e di necessa-
rietà che caratterizzano le problematiche rispettivamente originate.
Le situazioni di “crisi” dei Fondi Comuni di Investimento e dei patrimoni
separati non sono solo statisticamente circoscritte ad alcune soltanto delle
fattispecie interessate (non tutte possono “finire male”): ma soprattutto sono
connesse ad un fattore, che è “eventuale”, nel senso di non appartenere ne-
cessariamente alla struttura dei due istituti. Trattasi del fattore denominato
“leva” (finanziaria), in forza del quale l’attività di gestione del FCI e l’attività
di gestione del patrimonio separato possono (ma non necessariamente de-
vono) essere sostenute con l’indebitamento verso i terzi. Se ciò non fosse
consentito (o, comunque, nelle fattispecie nelle quali, in concreto, non fosse
praticato), la situazione di “crisi” si ripercuoterebbe unicamente sulla mag-
giore o minore entità del patrimonio residuo finale (del Fondo, ovvero quello
separato ex art. 2447-bis, lett. a), c.c.).
Il fenomeno della scadenza del termine per il quale il FCI è stato costituito
(o del termine apposto alla separazione di una porzione del patrimonio so-
ciale ex art. 2447-bis, lett. a), c.c.) rappresenta invece un connotato inevita-
bile dell’istituto (per lo meno, se vogliamo, come esso risulta disciplinato dalle
norme primarie e regolamentari) : e ciò rende ancor più ingiustificabile la as-
soluta mancanza di una disciplina volta a regolare – principalmente – la sorte
dei rapporti pendenti, che rappresentano un fenomeno operativamente e giu-
ridicamente inevitabile2. 3